Archivi giornalieri: 04/22/2018

Sara al Tramonto di M. de Giovanni – Minicollettiva di aprile

A volte prende una voglia spropositata di fare qualcosa di diverso, di leggere qualcosa che ti attira pochissimo giusto per fare compagnia ad un’amica.
Peccato che stavolta io e La Libreria Pericolante ci siamo fatte male e basta.
Lei ha infatti non dico un odio, che sarebbe troppo, ma un disgusto imperante per questo autore, pur avendone apprezzato il primo libro, mentre io beh, diciamo che se i primi della serie con protagonista il Commissario Ricciardi non mi hanno fatto impazzire ma neppure star male ho deciso da tempo di occupare il mio tempo di lettrice con altro di più entusiasmante, che il tempo è poco la melma sale e la pazienza s’è suicidata da un po’.
Perché dunque, questa lettura?
A parte per farsi insultare dal folto gruppo di sostenitrici in gonnella del “nostro”?
Non ne ho la più pallida idea, era lì, i gruppi che frequentiamo lo incensavano e vuoi farti scappare magari un capolavoro?

Ecco, questa doverosa premessa per dire che sì, Sara al Tramonto è un capolavoro, ma di rara bruttezza e sciatteria.

Ed è un giudizio mio, personale, e visto che qua scrivo per esternare i miei dubbi e le mie perplessità, vado ora ad analizzare il tutto ed a giustificarmi. Quindi se volete leggerlo non andate avanti, io spoilero a più non posso e ne vado fiera.

Unknown.jpegSara è una pensionata della polizia italiana, che ha fatto carriera in una divisione segretissima di cui nessuno conosce l’esistenza (del tipo se te lo spiego poi ti devo ammazzare), una tipa anonima, dai capelli argentei, che va in giro vestita sciatta e senza trucco. Vecchia non lo è, perché scopriremo che ha un bel sorriso e una bellezza sua particolare (definiamola baby pensionata?) e ha un dono, un potere che le permette di capire le persone.

Che, ha i super poteri? Boh!
Questo non lo capiremo mai, perché una volta legge il labiale, una volta interpreta il linguaggio corporeo e un’altra ancora ascolta le persone alle sue spalle.

Sara è anche una personcina a modo, che sbuca dai portoni dove spia la gente dall’ombra, antipatica come un gatto attaccato alle palle e sì, giusto, aveva marito e figlio piccolo ma è inciampata nel suo capo, ne è diventata l’amante e ha mollato la famiglia e ciao. Però non l’ha fatto per cattiveria, eh, ma solo per amore.

Ha però stalkerato o meglio, il suo capo-amante l’ha fatto perché lei chiusa la porta vaffanculo tutti, il figlio che è morto in un incidente e ora ha allacciato un rapporto con Viola, la compagna incinta del nipote.

Veniamo alla trama del libro, anzi di quella che pare essere una nuova serie: Sara viene “richiamata” in servizio da una vecchia collega (che ora è il capo supremo) per svolgere indagini parallele in casi che non interessano i piani alti e, nel caso, sistemare le cose. Perché va bene tutto, ma certe nefandezze alle super spie fan venire la gastrite e allora ci facciamo mettere una pezza dalla simpatica Sara, che nel caso tira fuori la pistola (ma di piccolo calibro) e ciao un abbraccio.
In questo, la nostra anti-eroina, tra una pillola e l’altra deve scoprire cosa sta succedendo alla nipote di un faccendiere trovato ucciso, del cui omicidio è accusata e sta scontando la giusta pena la figlia che parrebbe averlo ammazzato sotto l’influsso di droga ed alcol. La donna è in pensiero per la figlia e chiede all’ispettore che l’ha arrestata di indagare.
Questo, pieno di scrupoli per una vecchia indagine in cui ha fatto casino, allerta un amico in un’altra divisione e così si mettono in moto le super-spie.

Io già qua avevo sospeso la credulità, l’incredulità e pure il vaffanculo che mi saliva.
Allora, una drogata condannata per omicidio chiama il poliziotto che l’ha fatta arrestare, gli spiega che secondo lei sua figlia aveva dei problemi / era in pericolo perché non era come al solito. Lei, la madre dell’anno che troieggiava a destra e a manca a detta di chiunque, che a momenti non sapeva manco il nome della bambina. Ok.
Il poliziotto ci va e dopo, davanti ad una birretta racconta ad un collega la rava e la fava e questo, che è immanicato coi servizi di super spionaggio, va dal capo e le fa tirare in ballo la Sara che nel frattempo sta in un angolo a far finta di vivere perché gli è morto l’amante. Ok.
E io devo credere ad un incipit del genere?
Va benissimo ce ne sono di peggio, anche se non me ne viene in mente neanche uno.

Parliamo del linguaggio: Sara e la collega sono la bionda e la mora, indovinate perché?
Sara come nome in codice usa signora Saretti.
Le super spie si danno appuntamento per un caffè inviando un sms con scritto “pizza” e per una pizza con scritto “caffè”.
I tempi della storia sono tutti a caso, e pure qualche verbo.
Gli aggettivi sono sempre gli stessi, ad infinito e pure oltre.

Personaggi: Sara, vedi sopra, oltre ad essere quella che dalle mie parti si definisce una merda (con buona pace dell’educazione) umana, sembra scritta per non avere neppure una dote per piacere, anzi, sembra che l’autore si sia dato come risultato di renderla odiosa ma scadendo nella macchietta.
E per me questo sarebbe già un problema, visto che è la protagonista, ma pure gli altri personaggi sono quello, una macchietta.
C’è la nuora vessata dalla madre, che le rinfaccia il fallimento della sua vita, culminato con la morte del compagno; c’è il poliziotto buono, incompreso, che vorrebbe solo una famiglia e invece ha un cane di quattrocento chili che gli rende la vita un inferno. E la poliziotta con le palle quadre che per sentirsi umana si porta a letto chiunque sia giovane e respiri.

Sarà che io gli stereotipi li odio, ma qua a mio parere mancano le basi della creazione dei personaggi, non si va mai oltre il bidimensionale.
Tu leggi e ti pare sempre che manchi qualcosa, che o sei scollegato e ti perdi dei pezzi, o hai la versione riassunta del libro e mancano proprio le pagine.

Sorvolo sul fatto che i capitoli sono inframezzati dal corsivo dell’amante buonanima che ribadisce quanto la nostra sia brava, bella ed intelligente; o quanto lui l’amasse o quanto sia dispiaciuto per lasciarla e che vorrebbe che si creasse una nuova vita.
E pure l’assassino, ha la sua bella voce fuori campo per giustificarsi e confessare.
Perché le confessioni sono catartiche, belle e poi ti senti nel giusto, quindi confessa che chiudiamo qua e andiamo a cercare qualcosa da lettere in cui la gente perda il controllo, si prende a fucilate e sembra reale.
Perché non dico l’hard boiler ma manco il racconto della buona notte… Questo non è giallo o un noir, è un romanzetto senza carne né pesce.

 

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