Archivio mensile:aprile 2018

Dei commenti e recensioni di ClubIppogrifo feat C. Achilli

Chi frequenta per disgrazia questa pagina o la sottoscritta sa benissimo qual è la mia cifra di vita: ridi delle cose serie se possibile e sii seria quando tutti gli altri sghignazzano.
Perché oltre a quelle risate troverai sicuramente qualcosa di inaspettato e magari bellissimo che allieterà la tua giornata.
O che la farà sprofondare nella melma ancora di più ma almeno ti sarai messa in gioco.
A casa mia tutti trovano rifugio e parola, nessuno viene giudicato 
né additato ma sempre nel rispetto l’uno dell’altro.

In merito alla pagina: amo i telefilm ben fatti, i libri ben scritti e la musica ben suonata, ma non posso fare a meno di incappare in attori-cani e scrittori poco allineati al mio gusto, è la vita, è una legge statistica.
Devo tacere e non dire, per esempio, che La Casa di Carta su Netflix mi fa dormire? Perché, è noioso PER ME, è tradotto dallo spagnolo all’inglese con termini desueti e boriosi. Ma lo guardo, rido e magari finirà commentato qua.
Altro esempio: mi piace un attore, mi piace così tanto che potrei pure guardare una schifezza con lui dentro ma perché non ammetterlo? Ho guardato tutto Dracula per il protagonista (che oltretutto è veramente devastato in questo telefilm) rendendomi conto di essere stupidina, ma a volte ci sta. Sullo stesso piano, la vista delle chiappe del suddetto attore (sode, in questo caso) mi ha convinto a vedere un’altra stagione di Vikings e devo dire che il bilancio è andato in pari, almeno stavolta.

Sulle letture: ho avuto la fortuna di avere un padre che acquistava libri per me, per mia madre, per sé e pure per i vicini, che aveva sempre il giornale anche se alla sera era troppo cotto per leggerlo e che mi ha insegnato che puoi essere una figa imperiale o un cesso a pedali ma che col cervello fai il culo a tutti e arrivi quasi dove vuoi.
Leggo da quando respiro, milioni di robe inutili, pochi classici e molta contemporaneità, fumetti e pure le istruzioni della macchina quando la compro.
Quando non sapevo leggere fingevo, col ditino grassoccio seguivo le parole che altri mi avevano letto e mi recitavo le parti.
Sono più furba di altri? No, assolutamente, ho una passione come a chi piace andare in bicicletta o fare escursioni.
Ognuno è fulminato alla propria maniera, che problema c’è?

Detto questo…

Una mia recensione ha scatenato un bordello tra i lettori di un autore per la presunta malignità intrinseca.
E già, mi hanno detto, tu sei prevenuta, non ti piace come scrive.
Ci mancava che qualcuno usciva con un “fai il bastian contrario per avere dei like” e avevo fatto filotto.
La premessa è doverosa: ho incontrato diverse volte l’autore e ho pure buona parte della sua produzione.
Sono masochista o che altro?
Forse semplicemente, ho iniziato a leggerlo, mi andava bene, ho continuato e notando che ha calato in un modo che non mi garba, ho smesso di leggere. Trovando un nuovo personaggio in libreria, che tutti esaltavano, l’ho ripreso nuovamente con la speranza che tornasse ai vecchi fasti.
Non è stato così per me e ho esternato il MIO parere personale.
Che grazie a Dio non fa legge; altrimenti, come dice mio padre, se fossi stata al posto della moglie del signore pelato saremmo i padroni del mondo, tanto gli avrei rotto i coglioni, altroché armiamoci e partite di recente memoria.
Non ho mai capito se sia un complimento o meno, ma è uguale.
E quindi? Posso dire che una cosa non mi piace o viviamo in una dittatura? E soprattutto, se dittatura è, possiamo identificare il bello e il brutto, così evitiamo di essere fuori sincrono e ciao?

Il contraddittorio dove sta, per questa gente?
Nel dirmi che si sentono toccate nel vivo perché ho usato il termine “ammiratrici in gonnella”; perché ho criticato il fatto che viene usato lo stesso mazzo di aggettivi per descrivere una persona, senza l’uso di una cosa chiamata sinonimo, con termini che potevano essere sostituiti con parole di ugual significato più gentili (quindi avvalorando la tesi che io, Carlotta, debba ingoiare il vocabolario mentre uno scrittore che viene pagato per utilizzare la lingua italiana no). Alla domanda “Ho offeso qualcuno?” mi si risponde “No”.
Perché mi sento offesa dal fatto che la protagonista sia lontana dagli stereotipi di genere imperanti.
Davvero? Ma scherziamo?
Lo stereotipo in questo caso è la protagonista, che per inseguire il grande amore deve annullarsi completamente, deve abbandonare tutta la sua vita precedente, fare terra bruciata per finire con il nuovo compagno. E dopo la di lui morte? Zero, sospensione della vita.
Se non è uno stereotipo questo…
Se poi sono stata rincorsa nei commenti esclusivamente da donne, che hanno addotto rimbotti come solo le adolescenti dei mie tempi alle prese con la diatriba se erano meglio i Take That o i Backstreet Boys o quelli che erano, che io ero già in fissa per Bryan Adams.

Se fossi meno gentile di quanto sono, direi di fare pace col cervello.
O semplicemente di ammettere che sui propri idoli non si concede contraddittorio perché-così-è-e-tu-non-sei-niente.

Se si  inizia una discussione mettendo in dubbio che due pareri simili (contrari) siano scritti dalla stessa persona, logica vuole che pure dall’altra parte possa essere così.
E se si inizia una discussione non vale il “vabbè adesso non ho tempo”. O si è costruttivi o si tace, rimandando a momenti più agevoli.
E regola vuole che si sposti la discussione dove le parti si possano confrontare (in questo caso sulla pagina del blog, non su quella che ha rilanciato l’articolo), taggando i partecipanti.
Non vale lanciare il sasso e nascondersi dietro la mancanza di tempo, l’ignoranza dei meccanismi del web. Se accedi e frequenti questi ambienti, ne accetti le regole, accetti che il tuo piccolo mondo antico si ritrovi improvvisamente nella modernità, giusta o sbagliata che sia.

Me la sono presa?
Sì e no, me la prendo quando mi si mette in discussione come persona da chi non mi conosce e manco mi frequenta sul web; perfetti sconosciuti che si svegliano, scoprono di avere una mente e iniziano ad usarla random.
No, perché grazie a Dio ho una vita relativamente piena e soddisfacente e non ho mai cercato l’approvazione gratuita.
Ma non aspirando alla santità ad un certo punto si attacca, per sopravvivere e per difendersi.

Mi dispiace però, ed a essere sincera è stato uno dei motivi per cui mi sono allontanata da un gruppo di lettori affini, che non possa esistere lo scambio di opinioni scevro da preconcetti. Perché non si argomenta più? Cosa c’è di male nell’esprimere un’opinione basata sì su un’idea personale ma portarla ad un livello più incisivo?

Sara al Tramonto di M. de Giovanni – Minicollettiva di aprile

A volte prende una voglia spropositata di fare qualcosa di diverso, di leggere qualcosa che ti attira pochissimo giusto per fare compagnia ad un’amica.
Peccato che stavolta io e La Libreria Pericolante ci siamo fatte male e basta.
Lei ha infatti non dico un odio, che sarebbe troppo, ma un disgusto imperante per questo autore, pur avendone apprezzato il primo libro, mentre io beh, diciamo che se i primi della serie con protagonista il Commissario Ricciardi non mi hanno fatto impazzire ma neppure star male ho deciso da tempo di occupare il mio tempo di lettrice con altro di più entusiasmante, che il tempo è poco la melma sale e la pazienza s’è suicidata da un po’.
Perché dunque, questa lettura?
A parte per farsi insultare dal folto gruppo di sostenitrici in gonnella del “nostro”?
Non ne ho la più pallida idea, era lì, i gruppi che frequentiamo lo incensavano e vuoi farti scappare magari un capolavoro?

Ecco, questa doverosa premessa per dire che sì, Sara al Tramonto è un capolavoro, ma di rara bruttezza e sciatteria.

Ed è un giudizio mio, personale, e visto che qua scrivo per esternare i miei dubbi e le mie perplessità, vado ora ad analizzare il tutto ed a giustificarmi. Quindi se volete leggerlo non andate avanti, io spoilero a più non posso e ne vado fiera.

Unknown.jpegSara è una pensionata della polizia italiana, che ha fatto carriera in una divisione segretissima di cui nessuno conosce l’esistenza (del tipo se te lo spiego poi ti devo ammazzare), una tipa anonima, dai capelli argentei, che va in giro vestita sciatta e senza trucco. Vecchia non lo è, perché scopriremo che ha un bel sorriso e una bellezza sua particolare (definiamola baby pensionata?) e ha un dono, un potere che le permette di capire le persone.

Che, ha i super poteri? Boh!
Questo non lo capiremo mai, perché una volta legge il labiale, una volta interpreta il linguaggio corporeo e un’altra ancora ascolta le persone alle sue spalle.

Sara è anche una personcina a modo, che sbuca dai portoni dove spia la gente dall’ombra, antipatica come un gatto attaccato alle palle e sì, giusto, aveva marito e figlio piccolo ma è inciampata nel suo capo, ne è diventata l’amante e ha mollato la famiglia e ciao. Però non l’ha fatto per cattiveria, eh, ma solo per amore.

Ha però stalkerato o meglio, il suo capo-amante l’ha fatto perché lei chiusa la porta vaffanculo tutti, il figlio che è morto in un incidente e ora ha allacciato un rapporto con Viola, la compagna incinta del nipote.

Veniamo alla trama del libro, anzi di quella che pare essere una nuova serie: Sara viene “richiamata” in servizio da una vecchia collega (che ora è il capo supremo) per svolgere indagini parallele in casi che non interessano i piani alti e, nel caso, sistemare le cose. Perché va bene tutto, ma certe nefandezze alle super spie fan venire la gastrite e allora ci facciamo mettere una pezza dalla simpatica Sara, che nel caso tira fuori la pistola (ma di piccolo calibro) e ciao un abbraccio.
In questo, la nostra anti-eroina, tra una pillola e l’altra deve scoprire cosa sta succedendo alla nipote di un faccendiere trovato ucciso, del cui omicidio è accusata e sta scontando la giusta pena la figlia che parrebbe averlo ammazzato sotto l’influsso di droga ed alcol. La donna è in pensiero per la figlia e chiede all’ispettore che l’ha arrestata di indagare.
Questo, pieno di scrupoli per una vecchia indagine in cui ha fatto casino, allerta un amico in un’altra divisione e così si mettono in moto le super-spie.

Io già qua avevo sospeso la credulità, l’incredulità e pure il vaffanculo che mi saliva.
Allora, una drogata condannata per omicidio chiama il poliziotto che l’ha fatta arrestare, gli spiega che secondo lei sua figlia aveva dei problemi / era in pericolo perché non era come al solito. Lei, la madre dell’anno che troieggiava a destra e a manca a detta di chiunque, che a momenti non sapeva manco il nome della bambina. Ok.
Il poliziotto ci va e dopo, davanti ad una birretta racconta ad un collega la rava e la fava e questo, che è immanicato coi servizi di super spionaggio, va dal capo e le fa tirare in ballo la Sara che nel frattempo sta in un angolo a far finta di vivere perché gli è morto l’amante. Ok.
E io devo credere ad un incipit del genere?
Va benissimo ce ne sono di peggio, anche se non me ne viene in mente neanche uno.

Parliamo del linguaggio: Sara e la collega sono la bionda e la mora, indovinate perché?
Sara come nome in codice usa signora Saretti.
Le super spie si danno appuntamento per un caffè inviando un sms con scritto “pizza” e per una pizza con scritto “caffè”.
I tempi della storia sono tutti a caso, e pure qualche verbo.
Gli aggettivi sono sempre gli stessi, ad infinito e pure oltre.

Personaggi: Sara, vedi sopra, oltre ad essere quella che dalle mie parti si definisce una merda (con buona pace dell’educazione) umana, sembra scritta per non avere neppure una dote per piacere, anzi, sembra che l’autore si sia dato come risultato di renderla odiosa ma scadendo nella macchietta.
E per me questo sarebbe già un problema, visto che è la protagonista, ma pure gli altri personaggi sono quello, una macchietta.
C’è la nuora vessata dalla madre, che le rinfaccia il fallimento della sua vita, culminato con la morte del compagno; c’è il poliziotto buono, incompreso, che vorrebbe solo una famiglia e invece ha un cane di quattrocento chili che gli rende la vita un inferno. E la poliziotta con le palle quadre che per sentirsi umana si porta a letto chiunque sia giovane e respiri.

Sarà che io gli stereotipi li odio, ma qua a mio parere mancano le basi della creazione dei personaggi, non si va mai oltre il bidimensionale.
Tu leggi e ti pare sempre che manchi qualcosa, che o sei scollegato e ti perdi dei pezzi, o hai la versione riassunta del libro e mancano proprio le pagine.

Sorvolo sul fatto che i capitoli sono inframezzati dal corsivo dell’amante buonanima che ribadisce quanto la nostra sia brava, bella ed intelligente; o quanto lui l’amasse o quanto sia dispiaciuto per lasciarla e che vorrebbe che si creasse una nuova vita.
E pure l’assassino, ha la sua bella voce fuori campo per giustificarsi e confessare.
Perché le confessioni sono catartiche, belle e poi ti senti nel giusto, quindi confessa che chiudiamo qua e andiamo a cercare qualcosa da lettere in cui la gente perda il controllo, si prende a fucilate e sembra reale.
Perché non dico l’hard boiler ma manco il racconto della buona notte… Questo non è giallo o un noir, è un romanzetto senza carne né pesce.

 

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